L'ideologia

Un film di Laura Betti
"Pier Paolo Pasolini, la ragione di un sogno"

Anno: 2001
Data uscita: 05/10/2001
Nazione: Italia
Produzione: Palomar, Strream, Mc4, Arte
Regia: Laura Betti
Fotografia: Fabio Cianchetti
Musiche: Bruno Moretti
Montaggio: Roberto Missiroli
Interpreti: Francesca Archibugi, Bernardo Bertolucci, Mimmo Calopresti, Sergio Citti,    Franco Citti, Mario Cipriani, Pappi Corsicato, Ninetto Davoli, Mario Martone, Enzo Siciliano

 

Questo interessante documentario, realizzato a 26 anni dalla morte del poeta, ci ha ispirati durante la realizzazione di questo progetto.
Le immagini malinconiche (durante il film ricorrono spesso le scene girate sull'idroscalo di Ostia, luogo dove venne assassinato il poeta) vengono accompagnate da una colonna sonora che evoca nostalgie, si susseguono filmati d'epoca, brani dei film da lui realizzati (da Accattone a La ricotta e Che cosa sono le nuvole?, dal Vangelo secondo Matteo al Decameron), interviste televisive e immagini edite ed inedite.

 

 

Abbiamo trascritto alcuni dei passaggi più significativi, a nostro parere, delle interviste del film-documentario di Laura Betti:

 

Il mio vero peccato è di aver esercitato il mestiere di giornalista da polemista e da poeta, nella più totale insubordinazione. Questa insubordinazione l’hanno trasferita sul piano morale e l’omosessualità è divenuta il principio stesso del male. Lo scandalo in realtà è sorto dal fatto che non solo non tacevo la mia omofilia, ma anche dal fatto che non tacevo nulla. A procurarmi odio e insulto è stato il diritto di parola che mi prendevo”.

 

Se voi volete essere una nuova generazione di giovani infinitamente + matura dovete anche abituarvi all’atrocità del dubbio anche a questa sottigliezza sgradevole del dubbio, dovete cominciare ad abituarvi a dibattere i problemi veramente, non formalmente. Si applaudono sempre dei luoghi comuni: bisogna ragionare, non applaudire o disapprovare”.

 

Vorrei fare una distinzione tra sviluppo e progresso: tra le due parole c’è una differenza enorme. Sono due cose non soltanto diverse, ma addirittura opposte e inconciliabili.

Infatti questo “storico”sviluppo è voluto dalla destra economica, non parlo nemmeno della destra ideologica o del fascismo. Ed è a questo punto che uso il potere con la “P” maiuscola, forse in modo un po’ estetizzante e vagamente mistico, perché è infinitamente difficile oggi stabilire quale sia il potere reale. E anziché chiamarlo potere con la “p” maiuscola, chiamiamolo pure “i nuovi padroni”. Il progresso non è voluto da questi “nuovi ladroni”, il progresso è voluto, vediamo, dall’opposizione. Quest’ ultima si mantiene su posizioni abbastanza tradizionalistiche. In che cosa consiste poi il conflitto tra questo sviluppo voluto dai nuovi padroni e il progresso voluto invece dagli uomini di sinistra? Consiste in un fenomeno molto semplice: lo svluppo, almeno in Italia, vuole la produzione smaniosa e disperata di beni superflui, mentre in realtà coloro che vogliono il progresso vogliono la creazione di beni necessari”.

 

Il consumismo è una forma assolutamente nuova, rivoluzionaria, di capitalismo perché ha degli elementi nuovi dentro di se che lo rivoluzionano, cioè la produzione di beni superflui in scala enorme.La scoperta, quindi, della funzione edonistica che questo mondo non voglia più avere dei poveri, ma delle classi che vogliano consumare. Vuole avere dei bravi consumatori, non dei bravi cittadini. Questo ha trasformato antropologicamente gli italiani. Perché gli italiani più degli altri? Perché l’Italia non ha mai avuto né un’ unificazione monarchica, né un’unificazione luterana – riformistica, che è quella che ha preparato la civiltà industriale, né una rivoluzione borghese, né la prima rivoluzione industriale.

Non ha avuto nessuna di queste rivoluzioni omologatrici. Per la prima volta, quindi, l’Italia è unificata nel consumismo e la cosa è abbastanza terrorizzante e abbastanza definitiva.

Ecco una volta che il nuovo potere non è altro che il nuovo tipo di economia e che bisogna tenere ben presente l’assioma primo e fondamentale dell’economia politica cioè che chi produce, non produce merce ma rapporti sociali, visto che il modo di produzione è totalmente nuovo, le merci prodotte sono totalmente nuove ed è totalmente nuovo il tipo di umanità che viene prodotto; stabilito questo bisogna vedere se il rinnovamento totale di portare l’egemonia alle popolazioni che sn state distrutte da questo rinnovamento”.

 



 

 

 

Credits
  • Contenuti e Grafica realizzati da Matteo Gallello e Chiara Privitera
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